sabato 15 gennaio 2011

Laureata e precaria. Donna. Senza Diritti. Il tutto a 110 e lode.

Dal titolo qui sopra ne consegue come inevitabile corollario che una laureata, precaria e donna sia molto inkazzata, tanto più se la sua carriera scolastica e universitaria è stata impeccabile. Diploma con 100/100 e nota di merito, media del 29,7 all'Università, laurea con tesi di 500 pagine e voto finale di 110 e lode.
E quindi piena di speranze e aspettative una femmina con queste caratteristiche si butta nel mondo del lavoro, tanto più che ha trovato un impiego una settimana dopo la laurea. Lavoro: sorveglianza archeologica presso i cantieri della Capitale. Datori di lavoro: una società archeologica. Tipo di contratto: nullo, solo lettera di incarico. Posizione ricoperta: 90°...ehm scusate, libero professionista. Cioè prima ti pagano in ritenuta d'acconto, poi una volta che hai superato la media dei quasi 5000 euro annui ti costringono, ops consigliano (maledetti lapsus freudiani) di aprire una partita iva. La parola contratto viene fatta ogni 3-6 mesi circa, ma costantemente disattesa (dimenticanze, ostacoli burocratici, e tutta n'altra serie de cazzate...). Retribuzione iniziale: 50 euro netti per 8 ore di lavoro in cantiere, più il lavoro a casa per la stesura delle documentazioni.
Ovviamente se piove t'attacchi allegramente, se ti ammali t'attacchi allegramente, se vai in vacanza (cotanto privilegio riconosciuto a noi lavoratori precari consiste nello sfogliare i cataloghi online delle agenzie di viaggio e constatare che tutto è troppo caro) t'attacchi allegramente: cioè tradotto non guadagni un cazzo.
La chiamano libertà, loro, quelli che ti danno lavoro perchè ti dicono che, se non ti piace, ci sono tante altre società per cui lavorare e anzi così sei libera di scegliere: peccato che le altre società pagano uguale e la libertà che ti rimane è quella di attaccarti alla canna del gas.
CONTINUA.... (nei prossimi post)

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