venerdì 3 febbraio 2012
Malinconoia di masiniana memoria e il call center
Pensavamo di essere usciti vivi dagli anni 80. E poi dai 90.
Pensavamo che il consumismo sfrenato avrebbe riempito il vuoto ideologico lasciato dalla fine delle dottrine di ottocentesca memoria, trascinate fino alle soglie del nuovo millennio.
E soprattutto non pensavamo più. Guardavamo, tifavamo, ascoltavamo. Passivi.
E oggi all'improvviso suona la sveglia: tuo figlio non lavora, tuo marito sta a casa dal lavoro, tuo nipote va all'estero, tua nonna si lamenta più del solito.
Quanti libri non hai letto? Quanti neuroni hai azzittito? Quante risate sguaiate ti sei fatto nel vedere Pamela Prati e Biberon? O le vacanze di Natale con le tette al vento?
Non lo so. C'è qualcosachenonmitorna.
Non mi torna il qualunquismo e non mi tornano i rivoluzionari della domenica.
Mi torna la vita reale però, vissuta indisturbata nelle sue mediocrità come fosse normalità.
Colloquio. Call center.
Antonia Falcone. 31 anni. Scuola di Specializzazione in corso (per essere dei veri sfigati non basta la laurea). Necessità di un lavoro pena tornare da mamma e papà.
Siamo in cinque al colloquio: io, un musicista frikkettone laureato, due cameriere, una signora di cinquant'anni ben vestita, una ragazzina arrivista.
Offerta di lavoro: 4 ore al giorno tutti i giorni, 180 euro netti al mese, 2,5 euro ogni contratto concluso.
Mission: prendere per il culo la gente. Dichiaratamente. Raccontare balle. Dichiaratamente.
1 ora di lavoro: 2,25 euro.
Che barba, che noia.
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